Nel chiacchierato e centralissimo bar del mio grasso grosso paesello meridionale riuscire a mettere le mani su Dai Ressya Goutou (Iron Horse, per gli amici) era un’impresa. Orde di cassaintegrati cinquantenni barbutissimi, falsi invalidi dalle panze prominenti e dalla vista aguzza, fancazzisti da esportazione, sedicenti giocatori di biliardo, evasori fiscali e casi umani di ogni genere presidiavano in pianta stabile il cassone, inondandolo disperatamente con cicche di sigarette e piogge di gettoni d’oro da
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