Il termine “pallamano” pronunciato sull’italico suolo suscita badilate di inevitabile stupore misto a sguaiata ilarità. Pochi hanno minimamente presenti le dinamiche di tale disciplina (altrove la situazione è ben differente, si pensi alle recenti uscite del modernizzatore Van Basten), non molti sanno che in vari Paesi europei è in grado di riempire i palazzetti, rivaleggiando probabilmente in popolarità con altri “sport minori” qui percepiti come ben più seri e rispettabili, quali la pallavolo. I Mondiali di un paio d’anni fa (l’edizione seguente si è appena conclusa, entrambe sono state vinte dalla Francia dell’asso Karabatić) sono emblematici, con il Qatar – nazione ospitante, in grado di raggiungere addirittura la finale, impresa sfiorata al giro successivo, con l’eliminazione della favoritissima e lanciatissima Germania – che non ha badato a spese per l’organizzazione del torneo e per la naturalizzazione di validi atleti europei pescati a casaccio. Mi sono appassionato alla pallamano solo negli ultimi anni, in realtà quasi qualsiasi sport di squadra nel quale lo scopo sia quello di penetrare porte e canestri con palle di varie fogge e dimensioni (oppure condurle dall’altra parte del campo, usarle per abbatterci gli atleti rivali, ecc.) è in grado di ottenere facilmente la mia incondizionata approvazione. Nonostante la sua indubbia velocità e spettacolarità (penso soprattutto all’insano gesto del tiratore che “vola” nell’area piccola per concludere a distanza ravvicinata), mentirei se dicessi, tenendo presenti le regole attuali, probabilmente migliorabili, di non considerare la pallamano uno o più gradini sotto altre pratiche. In particolare non mi convince l’inutilità quasi totale di qualsiasi forma di pressing per contendere la sfera ai nemici, aspetto che considero importantissimo: sostanzialmente si tratta di un euforico e continuo “tiro io, tiri tu”, poi certo, ogni tanto si possono verificare situazioni particolari tali da interrompere un po’ il tran tran, quali occasionali contropiedi fulminei, portieri che, come nel futsal, vengono spediti sciaguratamente in attacco sperando in chissà cosa, ma insomma. Più che pressing, quello della pallamano è un fare muro, un aggrapparsi disperatamente. Altro aspetto che colpisce molto i profani è proprio il ruolo del portiere (indubbiamente basilare: senza un estremo difensore dai buoni riflessi, in grado di garantire diciamo almeno un 20/40% di parate, è impossibile sperare di vincere le partite): queste creature sembrano vittime predestinate di un’umiliazione inevitabile e ininterrotta, anche se poi non sempre le gare sono questa girandola pirotecnica di goal che ci si raffigura. Ecco, anche qui ravviso una certa inferiorità: vogliamo mettere l’eleganza del portiere di calcio, che si fionda come un gatto a togliere una palla calciata con maliziosissimo effetto dall’incrocio dei pali tramite l’utilizzo della mano di richiamo, semplicemente uno dei momenti più intensi ed emozionanti dello sport tutto, con le indubbiamente efficacissime ma tozze parate del suo omologo nella pallamano, chiamato spesso a sventare una segnatura “come viene”, senza stile, magari con le parti meno nobili del suo corpo?

Ma cosa c’entra il buon (‘nzomma) vecchio Adolf? Lo si potrà intuire gustandosi il video qui nei paraggi relativo a una partita dei famigerati Giochi Olimpici del ’36. Hitler (rendendosi conto che gasare Jesse Owens forse avrebbe dato troppo nell’occhio) chiese di inserire questo sport perché così la Germania, dove la pallamano era stata codificata, avrebbe portato a casa di sicuro una facile medaglia d’oro, dato che l’unico vago pericolo era rappresentato dalla di lì a poco annessa Austria. Ovviamente si trattava di una pallamano molto diversa da quella indoor, moderna (che si affermò in maniera semidefinitiva credo negli anni Sessanta e fece la sua riapparizione ai Giochi Olimpici del ’72), trattandosi praticamente di un calcio giocato con le mani, visti i campi utilizzati e il numero di uomini schierati. Resta per me un mistero come le partite potessero concludersi con punteggi relativamente “bassi” (Ungheria-USA 7-2 o Svizzera-Romania 8-6… la Germania però vinceva le sue tipo 22/29 a zero o a uno), data la smisurata immensità delle porte. E pensare che in genere molti neofiti esternano perplessità sulle misure, giudicate eccessivamente generose, di quelle attuali, con i poveri portieri appunto esposti al pubblico ludibrio. Sì, ok, la potenza sprigionabile con braccia e mani non è paragonabile a quella ottenibile mediante l’ausilio dei più imprecisi e rozzi arti inferiori, ma suvvia, quando l’obiettivo davanti a te è così sconfinato… Mettiamoci che i portieri di pallamano dell’epoca non possedevano certo l’esplosività e la convinzione di un Donnarumma, come risulta evidente dai pochi video reperibili e risalenti, al più tardi, alla fine degli anni Quaranta/inizio anni Cinquanta, quando ancora la versione outdoor “calcistica” era diffusamente praticata, anche dalle ragazze (a proposito, risulta sorprendente il livello di partecipazione popolare ed entusiasmo testimoniato dalle immagini, almeno in Germania e Spagna; certo, a giudicare dall’espressione attonita di alcuni spettatori sugli spalti, regole e dinamiche forse non erano proprio chiarissime a tutti).

Sarei curioso di vedere una partita intera disputata in quel modo, ma a naso mi pare una roba abbastanza insensata, soprattutto visto che tutta la fase di avvicinamento alla porta altrui risulterebbe probabilmente laboriosa e poco interessante (nel calcio la sfera non la tieni incollata ai piedi, nella pallamano hai il limite di tempo e di passi, ma insomma…). Inoltre, all’epoca suppongo che l’organizzazione di gioco fosse abbastanza primitiva, quindi non penso proprio che esistesse un chissà quale pressing organizzato sui portatori di palla allo scopo di rendere meno scontato l’approdo altrui alla propria area (qualche accenno nei filmati si vede, ma pare trattarsi più che altro di folli iniziative isolate, più spesso pare che gli atleti reputassero sufficiente la loro mera esistenza fisica per dissuadere e ostacolare gli offendenti).

Nella foto, di pubblico dominio, l’atleta ebrea di nazionalità tedesca Lilly Henoch mentre gioca a pallamano per il Berlin Sports Club.